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VPN: facciamo chiarezza

Sono sicuro che anche tu sarai stato “vittima” delle martellanti pubblicità dei vari influencer, spinto ad abbonarti alla fantastica VPN del momento, presentata come super sicura, capace di farti navigare in incognito e di proteggerti da virus e malintenzionati durante le tue sessioni sul web.

Mi spiace darti una cattiva notizia: non è proprio così.

Qualche anno fa ho scritto un articolo in cui evidenziavo l’illusione di sicurezza venduta ai clienti delle VPN.
Se c’è qualcosa di pericoloso nella sicurezza informatica è quella credere di essere protetti quando non lo si è, così da indurre a comportamenti meno attenti. Per esempio, se penso che la VPN bloccherà tutti i siti malevoli, potrei cliccare più spesso su link rischiosi, aumentando il rischio di finire su un sito dannoso. Allo stesso modo, la convinzione di non essere rintracciabili online può spingerci a fare cose che normalmente eviteremmo.

Riprendendo il filo di quel post, riepilogo brevemente la questione:

Le VPN (Virtual Private Network) usano tecnologie molto valide, impiegate da anni in ambito aziendale per garantire la sicurezza delle comunicazioni. Ad esempio, collegare il proprio portatile all’ufficio tramite VPN assicura all’azienda che la connessione sia protetta.

In altre parole, una VPN crea un tunnel sicuro dal tuo computer al server VPN a cui ti connetti. Sarà poi il server VPN ad accedere, ad esempio, a Google, YouTube o Netflix. Il servizio VPN maschera il tuo indirizzo IP reale e nasconde la tua attività web al tuo provider Internet (Tim, Fastweb, ecc.). Questo è particolarmente utile quando sei fuori casa e utilizzi reti pubbliche, come il Wi‑Fi di aeroporti o hotel. In tal caso la VPN svolge pienamente il suo scopo: proteggerti nella prima tratta della navigazione.

Un’altra caratteristica interessante è che, collegandoti a un server VPN situato negli USA per accedere a Amazon, il servizio penserà che ti trovi sul suolo americano. Questo ti permette di cambiare geolocalizzazione, con tutti i vantaggi correlati.

Negli ultimi anni sono nati innumerevoli servizi VPN a costi bassissimi (alcuni addirittura gratuiti). Molte di queste aziende hanno sponsorizzato un gran numero di influencer per attrarre sempre più clienti. Le caratteristiche comuni di questi servizi sono: “no‑log”, navigazione sicura da malintenzionati, filtri intelligenti contro malware, blocco delle pubblicità e possibilità di geolocalizzarsi all’estero.

Grazie a massicce campagne di marketing, molte persone hanno deciso di adottare la tecnologia VPN nella vita quotidiana.

Tutto bene, quindi? Intuitivamente si potrebbe pensare che, se un numero crescente di persone usa una tecnologia adottata anche in ambito aziendale per connessioni sicure, dovremmo tutti essere più contenti… oppure no?

Se hai seguito con attenzione quanto ho cercato di spiegare, avrai già capito che ci sono almeno due “grossi elefanti nella stanza”. 😅

Il primo “elefante”: limitazioni tecniche

Una VPN nasconde il tuo IP solo nella prima tratta della connessione. Se accedi a Internet con il tuo account Google, Facebook, Amazon o X, rimani perfettamente identificabile. Inoltre, oggi la profilazione avviene in molti modi diversi rispetto al passato, ad esempio tramite il fingerprinting del browser.

Il secondo “elefante”: la fiducia

Utilizzando un determinato servizio VPN consegni loro la tua navigazione online. Chi è l’azienda che ti fornisce il servizio? Perché ha sede in un paradiso fiscale? Chi c’è dietro? La politica “zero‑log” sarà davvero rispettata? Sono stati effettuati audit di sicurezza? Da chi? I client sono open‑source? I server VPN sparsi per il mondo sono di proprietà dell’azienda? Chi garantisce che non siano condivisi o compromessi?

Queste sono solo alcune delle domande da porsi quando si parla di VPN. In passato, infatti, sono emersi diversi scandali legati a VPN gestite da società di profilazione o da servizi di intelligence, con l’obiettivo opposto a quello di chi intende utilizzare una VPN per proteggere la propria privacy.

Conclusioni

Le VPN possono essere un valido strumento per la sicurezza online, ma occorre essere consapevoli di quello che una VPN è in grado di fare e valutare sempre l’affidabilità dell’azienda che fornisce il servizio.
Inoltre, nonostante tutti i vari proclami pubblicitari, nessuna buona VPN è in grado di sostituire un antivirus e non può difendere da phishing ed altri tipi di truffe.
Una alternativa (avendone le capacità tecniche) è quella di crearsi la propria VPN, però è una opzione che consiglio unicamente ad utenti con un minimo di esperienza o conoscenze in ambito di sicurezza di rete.

Quale VPN

Questo non è un articolo sponsorizzato, l’intento è quello di dare degli strumenti per fare una scelta più consapevole del servizio da utilizzare. Per questo motivo non intendo consigliare questa o quella VPN.

Tuttavia se non sai da dove iniziare suggerisco di dare una occhiata all’elenco di VPN stilato da Le Alternative. Troverai una lista interessante da cui partire.

Aggiornamenti per Scegli App, Librezilla e Tech in Europe

Come promesso è arrivata una raffica di aggiornamenti grazie ai vari suggerimenti ricevuti in queste settimane dalla community:

  • scegli.app → Aggiunto PCloud tra i cloud europei e Zen Browser tra le alternative a Chrome, inserita una nuova sezione Trasferimento File con alcune alternative europee a WeTransfer. E’ stata poi introdotta anche la sezione Lingue per lo scambio linguistico e lo studio.

  • librezilla.it → Purtroppo ad inizio settembre Shai Network chiuderà i battenti, sono quindi stati rimossi i suoi servizi.

  • techineurope.it → E’ stato sistemato il link non funzionante a PocketBook.

Un grazie a tutti gli utenti che mi hanno contattato tramite Mastodon / email fornendo suggerimenti e migliorie! 👍

Non sono solo blog. Arrivederci Anne Sturdivant

Purtroppo sono venuto a conoscenza in questi giorni che una blogger (e sviluppatrice) che ho incrociato più volte nel piccolo e grande mondo dei blog indipendenti ci ha lasciato.

Grazie alla sua iniziativa lo scorso anno avevo partecipato WeblogPoMo 2024, la prima e (a oggi) unica challenge per bloggers a cui abbia mai partecipato con costanza.

La notizia della sua scomparsa mi ha colpito molto, anche se non l’ho mai conosciuta dal vivo. Questo mi ha fatto riflettere molto negli ultimi giorni.

Condividere parte delle nostre esperienze nei nostri blog, renderle disponibili ad altri crea delle connessioni forti specialmente con i nostri blogger preferiti.

No, non sono solo blog. E’ vita. Arrivederci Annie. 💔

lmno è fantastico

Grazie alla lista completa dei servizi di blogging pubblicata da Manuel Moreale ho scoperto lmno, una nuovissima piattaforma per blogger.
Non ho resistito a provarla ed è stato amore a prima vista! 😍
A differenza della maggior parte delle altre piattaforme da me provate in precedenza, lmno non ha funzionalità extra inutili. Il vostro blog risiede fondamentalmente in un unico file Markdown che potete modificare offline sul vostro PC. Una volta pronto, potete caricarlo su lmno ed è qui che avviene la magia! Il vostro blog è già funzionante in un batter d’occhio. Al momento ho caricato su lmno.lol/prealpinux tutti i miei post in inglese degli ultimi anni, se vi interessa dateci una occhiata!

Aspetti positivi

Piattaforma di blogging semplicissima. Sarete operativi in pochi minuti. Avete copie locali del vostro blog, quindi siete completamente padroni dei vostri contenuti.

Aspetti negativi

Non esiste un account gratuito e non è open source. Potete provarlo, ma se volete costruire il vostro blog, dovete registrarvi e pagare per il servizio, il che non è necessariamente un male, ma potrebbe scoraggiare le persone dal testare seriamente la piattaforma.
Poiché i contenuti sono veramente di vostra proprietà, siete responsabili del loro backup.
Il supporto per i domini personalizzati è in arrivo, ma non è ancora attivo. Per ora, il vostro blog è accessibile solo all’indirizzo lmno.lol/nomeblog, che non è la soluzione migliore quando si parla di IndieWeb.

Chatbot e documenti

Vedo che in moltissimi tutorial online viene suggerito quanto sia utile caricare documenti all’interno di chatbot come Gemini, Copilot e ChatGPT per poi svolgere delle analisi su tali documenti.
Quello che però non viene sempre ben chiarito è che “dando in pasto” documenti personali o aziendali a questi servizi se ne perde di fatto il controllo, in quanto l’addestramento dei chatbot stessi avviene anche grazie alle interazioni ed ai feedback degli utenti di questi servizi.
La semplicità di caricare un file e far svolgere al chatbot un lavoro noioso è molto allettante. Probabilmente lo è molto di meno ricordarsi che non stiamo utilizzando un nostro cloud privato e criptato, ma un chatbot che migliora grazie ai nostri dati.
Spesso inoltre tali servizi utilizzano server americani, nei quali proprio questi nostri file verranno analizzati dall’Intelligenza Artificiale. Lascio ad altri esperti parlare di cosa significhi in chiave GDPR, mi limito solamente a dire che caricare i propri dati personali, la lista dei nostri clienti o le strategie di vendita aziendali non è proprio il massimo.
Il mio consiglio è quello di valutare bene che tipo di documento state caricando sul chatbot, limitandovi (ove possibile) ad utilizzare file che sono già liberamente accessibili in rete.
Le alternative esistono e sono quelle di installare l’IA in locale, una opzione che può essere interessante soprattutto in ambito aziendale.

Meta AI su WhatsApp: alcune riflessioni

A person is sitting on a couch holding a phone with the WhatsApp logo displayed, accompanied by a small robot, with a speech bubble announcing: Meta AI arriva su WhatsApp

L’intelligenza artificiale di Meta è arrivata su WhatsApp, ma attenzione ai termini di utilizzo! 🚨

La prima volta che inizierete a chattare con l’IA, sarete informati di non condividere informazioni, anche sensibili, su di voi o su altre persone che non volete che l’IA conservi e utilizzi. Inoltre, Meta comunica che le vostre interazioni verranno condivise con partner selezionati.

Il modo in cui le intelligenze artificiali vengono integrate nei servizi utilizzati da centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo solleva seri dubbi su come verranno gestiti i dati personali inseriti in quelle che, per molti utenti, verranno viste come semplici e innocue chat private con l’IA.

Se da un lato l’accesso a questi potenti strumenti viene reso più semplice e immediato anche per coloro che non hanno conoscenze informatiche, essi rappresentano anche un potenziale rischio per gli utenti meno esperti.

Eppur si muove (il fediverso)

Questa settimana il fediverso italiano ha visto nascere due nuovi interessanti progetti. 🚀

Partiamo con Sayansi.social una istanza Mastodon in cui parlare di scienza, ambiente e tecnologia. Le istanze focalizzate su alcuni argomenti specifici in lingua italiana non sono molte visto il numero relativamente ridotto degli utenti che parlano la nostra lingua. Esistono al contrario grosse istanze tematiche in lingua inglese che riuniscono utenti da tutto il mondo. L’augurio è che progetti italiani di questo tipo riescano a costruire delle community (anche ristrette) in cui creare una base di utenti affezionati ed interessati agli argomenti della propria istanza. Negli scorsi mesi abbiamo infatti visto quanto sia difficile mantenere attivi gli utenti che giungono nel fediverso a seguito delle grandi ondate migratorie dalle grandi piattaforme come quelle di X e Meta. Le istanze tematiche possono aiutare in tal senso? Difficile dirlo, alcuni progetti passati hanno avuto delle difficoltà, ma credo che ogni nuova istanza sia in grado di sviluppare le proprie potenzialità a patto che coloro che l’amministrano dimostrino di possedere la giusta dose di perseveranza ed entusiasmo per portarla avanti nel medio-lungo periodo.

Altra novità importante è rappresentata da Fedimercatino.it un marketplace no-profit, decentralizzato e federato basato sul software open source Flohmarkt. Il servizio ha preso vita grazie ad una sinergica collaborazione tra Devol, Open For Future Italia, Ufficio Zero e Feddit.

FediMercatino non è un semplice mercatino: è una risposta concreta all’emergenza rifiuti. Ogni oggetto riutilizzato significa una risorsa in meno estratta dalla Terra e un rifiuto in meno nelle discariche. Grazie alla filosofia no-profit, l’obiettivo non è guadagnare, ma creare un circolo virtuoso in cui chiunque possa donare, scambiare o trovare nuovi proprietari per oggetti ancora utili. Piccoli elettrodomestici, libri, vestiti, giocattoli: tutto trova una seconda vita, riducendo l’impatto ambientale e promuovendo un consumo responsabile. Gli oggetti sono in regalo o in vendita a un valore simbolico (inferiore ai 100€), per garantire accessibilità e incentivare il riuso, senza trasformare la piattaforma in un mercato speculativo. 👉 Vai qui per saperne di più.

Un grosso in bocca al lupo a coloro che hanno reso disponibili queste nuove community, ora spetta agli utenti animare questi neonati angoli del fediverso. 💬

DuckDuckGo AI Chat

Grazie ad un sito offerto dal motore di ricerca alternativo DuckDuckGo, è possibile provare diversi modelli di intelligenza artificiale senza la necessità di iscriversi ad alcun servizio e garantendo così un maggiore livello di protezione per la propria privacy.

E’ sufficiente andare su duck.ai e scegliere un modello al quale porre una domanda (prompt).

DuckDuckGo dichiara che le chat sono private e non vengono mai salvate o usate per addestrare modelli di intelligenza artificiale.

Orbit, l'Intelligenza Artificiale di Mozilla

In questi giorni ho avuto modo di testare Orbit una estensione ancora in Beta per il browser Firefox a cui sta lavorando Mozilla che promette di integrare l’Intelligenza Artificiale all’interno delle propria navigazione web.

Premetto che queste funzionalità avanzate all’interno dei browser sono sicuramente interessanti, ma in generale rappresentano anche un potenziale rischio per la privacy.

L’estensione necessità i seguenti permessi obbligatori per poter svolgere le funzionalità principali:

  • Accedere ai dati dei siti web
  • Nascondere e mostrare schede
  • Accedere alle schede del browser

Probabilmente è per questo motivo che Mozilla, sapendo dell’attenzione della propria utenza proprio riguardo alla sicurezza dei propri dati personali, tiene a precisare che Orbit utilizza attualmente una istanza privata Mistral per gestire le richieste. Sempre secondo Mozilla i dati relativi alle proprie chat non vengono archiviati, non è necessario avere un account e non verranno mai utilizzate le interazioni con l’IA per allenare il modello stesso.

Al momento il modello funziona unicamente con la lingua inglese, tuttavia durante i miei test Orbit ha dimostrato di saper riassumere testi di pagine web scritte in italiano e di comprendere le mie domande nella nostra lingua. Tutte le risposte però (compresi i riassunti delle pagine web) saranno in inglese, ho provato con dei prompt a forzare alcune risposte in italiano con esiti abbastanza confusionari da parte dell’IA.

Discutibile (ed un pò’ inquietante 🤣) quella sorta di sfera grande che rappresenta l’IA e che si attiverà su ogni pagina che navigherete. Suggerisco di entrare nelle impostazioni dell’estensione ed impostare sin da subito l’opzione Orb Format: Minimal.

Continuerò ad usare Orbit?

Al momento penso di provare questa estensione ancora per un po’ per verificarne i progressi, francamente non sono sicuro che possa essere una di quelle che abbia senso avere sempre installata nel proprio browser. Un plauso comunque a Mozilla che, cercando di restare al passo con altri browser che hanno da tempo integrato delle intelligenze artificiali, offre per ora questa opzione come estensione separata attivabile dall’utente solo nel caso in cui ne abbia necessità. Questo rende possibile disattivare l’estensione (o rimuoverla completamente) per poi eventualmente attivarla in caso di necessità.

Principi o pragmatismo

Un interessante articolo di Pete Moore ha esplorato il dualismo spesso presente tra i nostri principi e il pragmatismo imposto dalla realtà. Questo conflitto può essere portato all’estremo in molte situazioni.

Ad esempio, se il CEO di un’azienda ha idee politiche diverse dalle nostre, abbiamo il diritto di decidere di non utilizzare il suo servizio. Tuttavia, possiamo anche scegliere di continuare a usufruirne se riteniamo che tale prodotto ci semplifichi la vita o ci apporti qualche beneficio.

Il fatto che altri individui decidano di continuare a utilizzare prodotti di aziende che noi non intendiamo supportare non deve essere visto come un comportamento “cattivo”, ma semplicemente come una scelta diversa fatta in totale libertà.

È importante tenere a mente che oggi è praticamente impossibile essere “duri e puri” quando molti servizi web si basano su altri servizi offerti da aziende che potrebbero non essere di nostro gradimento.

Una parte del vecchio web si "romperà" ad Agosto del 2025

Google tra qualche mese dismetterà completamente il proprio servizio URL shortener nato nel lontano 2009.
Infatti ad Agosto di quest’anno tutti i link che iniziano con goog.gl cesseranno di funzionare dando quindi un errore.
Il servizio era stato infatti deprecato da Google già a partire dal 2018, quindi teoricamente dando molto tempo agli sviluppatori per effettuare le dovute correzioni.
Però sappiamo benissimo come funzionano queste cose: molti siti non vengono aggiornati da anni, ma i loro link continuano ad apparire nelle ricerche e a generare traffico.
Purtroppo non possiamo sapere quanta rilevanza abbiano ancora i link generati con goog.gl, ciò che però pare scontato immaginare è che quando il servizio verrà completamente dismesso da Google una parte del “vecchio web” diventerà di fatto irraggiungibile.

Guida a Diggita: cos'è e come funziona la nuova community di giornalismo partecipativo del fediverso

Cos’è Diggita

Diggita è un aggregatore di notizie nato nel lontano 2007. La piattaforma è stata rilanciata alcuni giorni fa ripartendo da zero grazie all’utilizzo di un software chiamato Lemmy che consente a tutti gli utenti del fediverso di dialogare con la piattaforma.

Diggita non è l’unica realtà italiana ad adottare il software Lemmy, esiste infatti da circa due anni e mezzo un’altra interessante community molto attiva chiamata Feddit che ha abbracciato la stessa filosofia.

Come funziona

Il funzionamento di Diggita è molto simile a quello di Reddit, ovvero si tratta di una sorta di forum di discussione suddiviso per argomenti (es. Attualità, Sport, Ambiente, Tecnologia etc…) nel quale è possibile pubblicare articoli, collegamenti ad altri siti oppure immagini.
Sono gli utenti a decretare il successo di un post dando un apprezzamento (con una freccia che punta verso l’alto) oppure indicandone al contrario un giudizio negativo (con la freccia che punta verso il basso).

Esistono diversi modi per poter partecipare alla piattaforma, scopriamone alcuni:

  1. Livello zero 😋 - Segui gli argomenti che ti interessano senza doverti iscrivere a Diggita

Il metodo più immediato consiste nel seguire uno o più argomenti che ci interessano direttamente da una piattaforma del fediverso nella quale siamo già iscritti.
Non è richiesta alcuna iscrizione aggiuntiva od alcuno sforzo particolare! Dovete sapere infatti che ogni argomento della piattaforma Diggita ha un corrispettivo “utente” nel fediverso.
Supponiamo che io sia interessato a seguire le discussioni legate all’ambiente. E’ sufficiente cercare l’utente @ambiente@diggita.com ad esempio da Mastodon ed iniziare a seguirlo per vedere in automatico tutto quanto viene pubblicato su Diggita relativo a tale argomento.
Semplicissimo, anzi direi geniale!

  1. Livello base 😎 - Pubblica su Diggita direttamente dal tuo profilo Mastodon (o altra piattaforma del fediverso)

Ipotizziamo che vogliate condividere su Diggita un articolo sulla vostra squadra di calcio preferita dal vostro account Mastodon. Basterà scrivere il vostro post seguendo il formato qui sotto ricordandosi sempre di taggare l’argomento della piattaforma nel quale vogliamo pubblicare il nostro post:

Titolo del post che volete appaia su Diggita
Testo descrittivo aggiuntivo
link da condividere
@calcio@diggita.com

Volendo potete aggiungere anche degli hashtag. Ecco un esempio concreto:

Il Milan rischia di non entrare in Champions League
L’attuale classifica non sorride ai rossoneri, ecco gli scenari peggiori per la squadra di Fonseca
https://sito-web-esempio.it/articolo-da-condividere
@calcio@diggita.com

  1. Livello utente consapevole 🧐 - Iscriversi a Diggita

Se le modalità che ho appena descritto non vi bastano, o semplicemente desiderate partecipare in maniera più completa ed attiva alla community di Diggita allora vi consiglio di provvedere ad iscrivervi alla piattaforma.
Bastano email e password ed il gioco è fatto.
In qualità di autori sarete in grado di commentare altri articoli oppure pubblicare i vostri avendo a disposizione tutta una serie di strumenti in più che vi consentono di formattare il testo, inserire immagini, link con maggiore versatilità e libertà rispetto alle modalità che vi ho descritto in precedenza.

Conclusioni: pro e contro

Diggita e Feddit funzionano in maniera profondamente diversa dalle piattaforme social che oggi vanno per la maggiore. Essendo molto più simili ad un forum rispetto ad un social network richiedono forse un maggiore sforzo partecipativo, ma consentono al tempo stesso di creare comunità di utenti consapevoli. Su queste piattaforme non ci sono timeline gestite da algoritmi e non trova posto lo scroll infinito.

La piattaforma non ha come obiettivo quello di tenervi incollati all’interno di essa, ma anzi agevola la condivisione di link così da farvi uscire dalla piattaforma stessa e scoprire cose nuove.

Se ci pensate è l’esatto opposto di quanto i social commerciali propongono!

In un momento storico nel quale i vecchi forum fanno fatica a sopravvivere realtà come Diggita e Feddit possono non solo dire la loro, ma anche rappresentare un valido esempio di “cooperazione digitale” in grado di creare dei luoghi in cui informarsi e condividere conoscenze in maniera consapevole.

La curva di apprendimento per imparare ad utilizzare Lemmy è probabilmente più alta rispetto a Mastodon (e simili), ma a mio parere ne vale la pena.

Lemmy ha ancora ampi margini di miglioramento, sia nella fase di onboarding che nell’interfaccia, tuttavia rappresenta sicuramente uno dei software più interessanti del fediverso.

Provatelo. 👍

Giacomo Puccini

🇮🇹 Il 29 Novembre di 100 anni fa moriva Giacomo Puccini, musicista famoso in tutto il mondo. Forse non tutti sanno che ha soggiornato spesso a Vacallo (Svizzera). Qui c’è la foto che ho scattato davanti a quella che era la sua casa.

🇬🇧 100 years ago today, Giacomo Puccini, a world-renowned musician, passed away. Perhaps not everyone knows that he often stayed in Vacallo, Switzerland. Here’s a photo I took in front of what was his house.

A large photograph of a man sitting thoughtfully is displayed in front of a house surrounded by a garden and fence.

Breve storia del web e del perché (spero) in futuro vinceranno le relazioni

Vi hanno sempre detto che il Web è gratuito e che potete accedere a miliardi di informazioni senza alcun costo. Vi hanno mentito.

Io stesso ad esempio per mantenere questo sito web devo pagare il dominio ed il servizio di hosting che ospita queste pagine. Per me è una sorta di hobby, mi piace ed in cambio non vi chiedo di pagare nulla. Il vostro unico “costo” è unicamente quello di investire un po’ di tempo nella lettura di quello che scrivo.

All’inizio Internet era proprio questo: un luogo dove istituzioni pubbliche, ricercatori e hobbisti pubblicavano pagine web per divertimento oppure mantenevano BBS, forum, partecipavano a mailing-list e pubblicavano i propri annunci su newsgroup più o meno di nicchia.

Poi sono arrivati i motori di ricerca che promettevano di organizzare le informazioni online in modo tale da rendere più fruibile il recupero di contenuti presenti nella rete.

A questo punto molti si sono accorti che, comparendo in cima alle ricerche, potevano avere più visibilità di altri e hanno iniziato a scrivere non soltanto per passione, ma anche per denaro (attenzione, non c’è nulla di male in questo!). Nascono i primi blog, i siti informativi ed iniziano a fiorire gli e-commerce. I motori di ricerca si rendono presto conto di avere in mano la chiave di accesso alle informazioni: per coprire i costi dei loro servizi ed iniziare a guadagnare, incominciano a privilegiare alcuni contenuti rispetto ad altri, inserendo delle pubblicità all’interno dei risultati delle ricerche e usando dei banner pubblicitari remunerativi. Ci guadagna l’inserzionista che vede aumentare il traffico sul proprio sito web e di conseguenza riesce a monetizzare i propri sforzi, ci guadagna il sito web che inserisce la pubblicità venendo pagato per il numero di click ed il numero di visualizzazioni del banner e ci guadagna il gestore del circuito pubblicitario che spesso è colui che intasca più soldi degli altri.

Ad un certo punto nascono i social network: promettono di metterci in contatto con i nostri amici, parenti e compagni di classe gratuitamente. Dunque perché non farsi un account e spammare i nostri contatti chiedendo di entrare anche loro in questi nuovi e bellissimi servizi? Man mano che diventano sempre più grandi questi social network iniziano a cercare modi per poter stare in piedi economicamente. In realtà non è molto difficile: conoscono già le vostre preferenze, i vostri dati anagrafici, i vostri amici, inoltre possono estrapolare informazioni da quello che postate e condividete. Le pubblicità non sono più generaliste, diventano mirate, targettizzate così che possiate comprare quel bellissimo ciondolo vintage tanto di moda o la pappa multivitaminica per il vostro gatto.

Ormai la transizione è completa: state passando dall’essere degli utenti del web a dei potenziali clienti da accalappiare in qualche modo.

Manca ancora qualcosa però.

Orientarsi tra tutte le proposte non è semplice ed i social network hanno creato dei super-utenti che sono seguiti da migliaia di follower. Perché non sfruttare la loro notorietà? Ecco che queste figure chiamate influencer entrano in scena. Le aziende capiscono che possono utilizzarli come dei moderni piazzisti. Fioriscono collaborazioni e link di affiliazione.

Come se non bastasse nascono nuovi servizi online che servono per gestire altri servizi che si poggiano su altri servizi. Fiorisce la “subscription economy”.

Ma non era tutto gratis?

Nel frattempo la tecnologia avanza ed arriviamo ai giorni nostri. L’Intelligenza Artificiale inizia a spuntare un po’ ovunque e per pagarne il costo (che strano eh???) ci sono altri abbonamenti da sottoscrivere e già si parla dell’inserimento di pubblicità a pagamento nelle risposte dell’Intelligenza Artificiale stessa.

Come abbiamo smesso di aprire un enciclopedia in formato cartaceo al posto di Wikipedia, presto smetteremo di navigare sul web visto che l’Intelligenza Artificiale ci consegnerà una risposta fatta e finita senza fare la fatica di andarci a spulciare qualche sito online.

Iniziano a tremare le fondamenta del web?

Un sito famoso come Badtaste ha da poco comunicato la cessazione delle proprie pubblicazioni dopo circa 20 anni.

Creare un Fake Influencer è un gioco per ragazzi, molti si stanno già cimentando anche in questo. Produrre contenuti tramite l’Intelligenza Artificiale è infatti semplicissimo ed il rischio ormai è quello di far generare dall’IA materiale sulla base di altro materiale precedentemente generato sempre dall’IA. In pratica stiamo entrando in un loop infinito di contenuti non pensati e generati dall’uomo.

Internet è finito?

Forse, ma credo che possiamo ancora fare in tempo a salvarlo. Coltivate relazioni con altri utenti, pubblicate contenuti vostri, pensate con la vostra testa, non uniformatevi e partecipate in modo personale ed unico alla rete.

Small Language Models

There is a lot of hype around LLM (Large Language Models), the technology behind artificial intelligence, but less interest in SLM (Small Language Models).

I think this is due to the fact that LLM can use cloud services to be used anywhere (you just need an internet connection).

But there are scenarios where there is no connection available or you want to avoid using the cloud for privacy reasons.

That’s why I believe Small Language Models is a very promising technology.

Think about small devices that can use specialized SLM to do things without being connected to the web. Another case study can be smartphones that use local artificial intelligence (on the device) without having to send their data to a cloud server.

Small Language Models can perform very specific tasks, providing people and companies with an off-grid solution.

It’s a very interesting technology and I’m very curious to see how it will be implemented.

Pay now and we'll see later

Recently, there has been a terrible trend in the tech industry: selling devices that WILL have great features. You pay them now, and they promise to bring you new functionalities in the future.
Rabbit R1, Humane AI Pin, Apple AI enabled features, Copilot+ PCs are only few examples of that.
It’s a shame that market is accepting this way of selling unfinished products.

Scegliere il giusto applicativo

Gli strumenti informatici sono sicuramente un potentissimo e valido aiuto per molte delle nostre attività quotidiane, possono aumentare la nostra produttività e semplificarci la vita.
Esiste però anche un “lato oscuro” di cui non si parla spesso.
Applicativi come Notion (non ce l’ho con loro, lo cito solo perché è un tool molto alla moda) consentono di gestire progetti molto complessi in maniera versatile e con grande libertà di configurazione.
Il fatto è che probabilmente al di fuori della vostra attività lavorativa sono strumenti che non sfrutterete mai appieno.
La conseguenza è che vi troverete sommersi da un sacco di opzioni / personalizzazioni / dati da inserire che dovrete gestire nel tempo.
Il rischio è quello di perdere più tempo nell’organizzazione del vostro sistema di quello che guadagnate dal suo utilizzo.
A me è successo più di una volta e da allora quando sento citati questi strumenti vado sempre con i piedi di piombo.

AI Browser's War

One browser to rule them all.

This seems to be a kind of mantra in the tech world. Companies have been fighting for browser supremacy since 1995 (eons ago, if we are talking about software).

The point is that your browser is your door to the Web.

Not surprisingly, browsers are now implementing Artificial Intelligence features into them so they can help you get information, article summaries, and more.

The price for this is likely to be our privacy and a major change in the way we use Internet.

Fostering an open social community

I’ve made a lot of small improvements to my blog recently.
I wanted to make my blog theme more personal and give people the opportunity to share my posts and leave comments. There’s still a lot of work to be done, but for now I’m quite happy with the results.
I believe a blog is a public space where people can come and go freely, but I want them to feel at home anyway. A cosy place they can return to whenever they want.
Building an open social community means giving people the opportunity to share and discuss ideas and thoughts. I think the social web is based on building connections between people and individual blogs can play a huge role in that.

Cos'è il Web intenzionale

Pochi giorni fa ho scritto qualche breve riflessione su un tema che intendo approfondire ulteriormente ovvero ciò che ho definito Web intenzionale.
Il concetto è semplice, ma neanche troppo banale. Tutte le volte che siete voi personalmente a decidere di quali contenuti fruire sul web state applicando il concetto di web intenzionale. Quando invece è un algoritmo / intelligenza artificiale a scegliere cosa proporvi state di fatto subendo una decisione che ha fatto quel determinato algoritmo per voi sulla base delle vostre preferenze passate o di una sua analisi interna dei contenuti al fine di proporvi la risorsa più pertinente.
Nulla di male, ma il risultato è che come utenti subiamo passivamente quanto deciso da un algoritmo governato da stringhe di programmazione inserite da un informatico probabilmente all’altro capo del mondo. Quanti contenuti interessanti e di qualità rischiamo di perderci in questo modo?
Partecipare alle discussioni di un forum online è web intenzionale, scrivere sul vostro sito personale è web intenzionale, leggere dei blog che apprezzate è web intenzionale.
Ovviamente oggi è difficile poter fare a meno degli algoritmi, tuttavia è necessario essere consapevoli del loro ruolo nel modo con cui accediamo alla rete ed occorre tenere sempre a mente che in definitiva contribuiscono a formare le nostre idee e pensieri.

Sono prealpinux. Questo è il mio blog personale dove parlo di tecnologia, software libero, fediverso e privacy.