Orbit, l'Intelligenza Artificiale di Mozilla

In questi giorni ho avuto modo di testare Orbit una estensione ancora in Beta per il browser Firefox a cui sta lavorando Mozilla che promette di integrare l’Intelligenza Artificiale all’interno delle propria navigazione web.

Premetto che queste funzionalità avanzate all’interno dei browser sono sicuramente interessanti, ma in generale rappresentano anche un potenziale rischio per la privacy.

L’estensione necessità i seguenti permessi obbligatori per poter svolgere le funzionalità principali:

  • Accedere ai dati dei siti web
  • Nascondere e mostrare schede
  • Accedere alle schede del browser

Probabilmente è per questo motivo che Mozilla, sapendo dell’attenzione della propria utenza proprio riguardo alla sicurezza dei propri dati personali, tiene a precisare che Orbit utilizza attualmente una istanza privata Mistral per gestire le richieste. Sempre secondo Mozilla i dati relativi alle proprie chat non vengono archiviati, non è necessario avere un account e non verranno mai utilizzate le interazioni con l’IA per allenare il modello stesso.

Al momento il modello funziona unicamente con la lingua inglese, tuttavia durante i miei test Orbit ha dimostrato di saper riassumere testi di pagine web scritte in italiano e di comprendere le mie domande nella nostra lingua. Tutte le risposte però (compresi i riassunti delle pagine web) saranno in inglese, ho provato con dei prompt a forzare alcune risposte in italiano con esiti abbastanza confusionari da parte dell’IA.

Discutibile (ed un pò’ inquietante 🤣) quella sorta di sfera grande che rappresenta l’IA e che si attiverà su ogni pagina che navigherete. Suggerisco di entrare nelle impostazioni dell’estensione ed impostare sin da subito l’opzione Orb Format: Minimal.

Continuerò ad usare Orbit?

Al momento penso di provare questa estensione ancora per un po’ per verificarne i progressi, francamente non sono sicuro che possa essere una di quelle che abbia senso avere sempre installata nel proprio browser. Un plauso comunque a Mozilla che, cercando di restare al passo con altri browser che hanno da tempo integrato delle intelligenze artificiali, offre per ora questa opzione come estensione separata attivabile dall’utente solo nel caso in cui ne abbia necessità. Questo rende possibile disattivare l’estensione (o rimuoverla completamente) per poi eventualmente attivarla in caso di necessità.


Principi o pragmatismo

Un interessante articolo di Pete Moore ha esplorato il dualismo spesso presente tra i nostri principi e il pragmatismo imposto dalla realtà. Questo conflitto può essere portato all’estremo in molte situazioni.

Ad esempio, se il CEO di un’azienda ha idee politiche diverse dalle nostre, abbiamo il diritto di decidere di non utilizzare il suo servizio. Tuttavia, possiamo anche scegliere di continuare a usufruirne se riteniamo che tale prodotto ci semplifichi la vita o ci apporti qualche beneficio.

Il fatto che altri individui decidano di continuare a utilizzare prodotti di aziende che noi non intendiamo supportare non deve essere visto come un comportamento “cattivo”, ma semplicemente come una scelta diversa fatta in totale libertà.

È importante tenere a mente che oggi è praticamente impossibile essere “duri e puri” quando molti servizi web si basano su altri servizi offerti da aziende che potrebbero non essere di nostro gradimento.


Una parte del vecchio web si "romperà" ad Agosto del 2025

Google tra qualche mese dismetterà completamente il proprio servizio URL shortener nato nel lontano 2009.
Infatti ad Agosto di quest’anno tutti i link che iniziano con goog.gl cesseranno di funzionare dando quindi un errore.
Il servizio era stato infatti deprecato da Google già a partire dal 2018, quindi teoricamente dando molto tempo agli sviluppatori per effettuare le dovute correzioni.
Però sappiamo benissimo come funzionano queste cose: molti siti non vengono aggiornati da anni, ma i loro link continuano ad apparire nelle ricerche e a generare traffico.
Purtroppo non possiamo sapere quanta rilevanza abbiano ancora i link generati con goog.gl, ciò che però pare scontato immaginare è che quando il servizio verrà completamente dismesso da Google una parte del “vecchio web” diventerà di fatto irraggiungibile.


Guida a Diggita: cos'è e come funziona la nuova community di giornalismo partecipativo del fediverso

Cos’è Diggita

Diggita è un aggregatore di notizie nato nel lontano 2007. La piattaforma è stata rilanciata alcuni giorni fa ripartendo da zero grazie all’utilizzo di un software chiamato Lemmy che consente a tutti gli utenti del fediverso di dialogare con la piattaforma.

Diggita non è l’unica realtà italiana ad adottare il software Lemmy, esiste infatti da circa due anni e mezzo un’altra interessante community molto attiva chiamata Feddit che ha abbracciato la stessa filosofia.

Come funziona

Il funzionamento di Diggita è molto simile a quello di Reddit, ovvero si tratta di una sorta di forum di discussione suddiviso per argomenti (es. Attualità, Sport, Ambiente, Tecnologia etc…) nel quale è possibile pubblicare articoli, collegamenti ad altri siti oppure immagini.
Sono gli utenti a decretare il successo di un post dando un apprezzamento (con una freccia che punta verso l’alto) oppure indicandone al contrario un giudizio negativo (con la freccia che punta verso il basso).

Esistono diversi modi per poter partecipare alla piattaforma, scopriamone alcuni:

  1. Livello zero 😋 - Segui gli argomenti che ti interessano senza doverti iscrivere a Diggita

Il metodo più immediato consiste nel seguire uno o più argomenti che ci interessano direttamente da una piattaforma del fediverso nella quale siamo già iscritti.
Non è richiesta alcuna iscrizione aggiuntiva od alcuno sforzo particolare! Dovete sapere infatti che ogni argomento della piattaforma Diggita ha un corrispettivo “utente” nel fediverso.
Supponiamo che io sia interessato a seguire le discussioni legate all’ambiente. E’ sufficiente cercare l’utente @ambiente@diggita.com ad esempio da Mastodon ed iniziare a seguirlo per vedere in automatico tutto quanto viene pubblicato su Diggita relativo a tale argomento.
Semplicissimo, anzi direi geniale!

  1. Livello base 😎 - Pubblica su Diggita direttamente dal tuo profilo Mastodon (o altra piattaforma del fediverso)

Ipotizziamo che vogliate condividere su Diggita un articolo sulla vostra squadra di calcio preferita dal vostro account Mastodon. Basterà scrivere il vostro post seguendo il formato qui sotto ricordandosi sempre di taggare l’argomento della piattaforma nel quale vogliamo pubblicare il nostro post:

Titolo del post che volete appaia su Diggita
Testo descrittivo aggiuntivo
link da condividere
@calcio@diggita.com

Volendo potete aggiungere anche degli hashtag. Ecco un esempio concreto:

Il Milan rischia di non entrare in Champions League
L’attuale classifica non sorride ai rossoneri, ecco gli scenari peggiori per la squadra di Fonseca
https://sito-web-esempio.it/articolo-da-condividere
@calcio@diggita.com

  1. Livello utente consapevole 🧐 - Iscriversi a Diggita

Se le modalità che ho appena descritto non vi bastano, o semplicemente desiderate partecipare in maniera più completa ed attiva alla community di Diggita allora vi consiglio di provvedere ad iscrivervi alla piattaforma.
Bastano email e password ed il gioco è fatto.
In qualità di autori sarete in grado di commentare altri articoli oppure pubblicare i vostri avendo a disposizione tutta una serie di strumenti in più che vi consentono di formattare il testo, inserire immagini, link con maggiore versatilità e libertà rispetto alle modalità che vi ho descritto in precedenza.

Conclusioni: pro e contro

Diggita e Feddit funzionano in maniera profondamente diversa dalle piattaforme social che oggi vanno per la maggiore. Essendo molto più simili ad un forum rispetto ad un social network richiedono forse un maggiore sforzo partecipativo, ma consentono al tempo stesso di creare comunità di utenti consapevoli. Su queste piattaforme non ci sono timeline gestite da algoritmi e non trova posto lo scroll infinito.

La piattaforma non ha come obiettivo quello di tenervi incollati all’interno di essa, ma anzi agevola la condivisione di link così da farvi uscire dalla piattaforma stessa e scoprire cose nuove.

Se ci pensate è l’esatto opposto di quanto i social commerciali propongono!

In un momento storico nel quale i vecchi forum fanno fatica a sopravvivere realtà come Diggita e Feddit possono non solo dire la loro, ma anche rappresentare un valido esempio di “cooperazione digitale” in grado di creare dei luoghi in cui informarsi e condividere conoscenze in maniera consapevole.

La curva di apprendimento per imparare ad utilizzare Lemmy è probabilmente più alta rispetto a Mastodon (e simili), ma a mio parere ne vale la pena.

Lemmy ha ancora ampi margini di miglioramento, sia nella fase di onboarding che nell’interfaccia, tuttavia rappresenta sicuramente uno dei software più interessanti del fediverso.

Provatelo. 👍


Giacomo Puccini

🇮🇹 Il 29 Novembre di 100 anni fa moriva Giacomo Puccini, musicista famoso in tutto il mondo. Forse non tutti sanno che ha soggiornato spesso a Vacallo (Svizzera). Qui c’è la foto che ho scattato davanti a quella che era la sua casa.

🇬🇧 100 years ago today, Giacomo Puccini, a world-renowned musician, passed away. Perhaps not everyone knows that he often stayed in Vacallo, Switzerland. Here’s a photo I took in front of what was his house.

A large photograph of a man sitting thoughtfully is displayed in front of a house surrounded by a garden and fence.

Breve storia del web e del perché (spero) in futuro vinceranno le relazioni

Vi hanno sempre detto che il Web è gratuito e che potete accedere a miliardi di informazioni senza alcun costo. Vi hanno mentito.

Io stesso ad esempio per mantenere questo sito web devo pagare il dominio ed il servizio di hosting che ospita queste pagine. Per me è una sorta di hobby, mi piace ed in cambio non vi chiedo di pagare nulla. Il vostro unico “costo” è unicamente quello di investire un po’ di tempo nella lettura di quello che scrivo.

All’inizio Internet era proprio questo: un luogo dove istituzioni pubbliche, ricercatori e hobbisti pubblicavano pagine web per divertimento oppure mantenevano BBS, forum, partecipavano a mailing-list e pubblicavano i propri annunci su newsgroup più o meno di nicchia.

Poi sono arrivati i motori di ricerca che promettevano di organizzare le informazioni online in modo tale da rendere più fruibile il recupero di contenuti presenti nella rete.

A questo punto molti si sono accorti che, comparendo in cima alle ricerche, potevano avere più visibilità di altri e hanno iniziato a scrivere non soltanto per passione, ma anche per denaro (attenzione, non c’è nulla di male in questo!). Nascono i primi blog, i siti informativi ed iniziano a fiorire gli e-commerce. I motori di ricerca si rendono presto conto di avere in mano la chiave di accesso alle informazioni: per coprire i costi dei loro servizi ed iniziare a guadagnare, incominciano a privilegiare alcuni contenuti rispetto ad altri, inserendo delle pubblicità all’interno dei risultati delle ricerche e usando dei banner pubblicitari remunerativi. Ci guadagna l’inserzionista che vede aumentare il traffico sul proprio sito web e di conseguenza riesce a monetizzare i propri sforzi, ci guadagna il sito web che inserisce la pubblicità venendo pagato per il numero di click ed il numero di visualizzazioni del banner e ci guadagna il gestore del circuito pubblicitario che spesso è colui che intasca più soldi degli altri.

Ad un certo punto nascono i social network: promettono di metterci in contatto con i nostri amici, parenti e compagni di classe gratuitamente. Dunque perché non farsi un account e spammare i nostri contatti chiedendo di entrare anche loro in questi nuovi e bellissimi servizi? Man mano che diventano sempre più grandi questi social network iniziano a cercare modi per poter stare in piedi economicamente. In realtà non è molto difficile: conoscono già le vostre preferenze, i vostri dati anagrafici, i vostri amici, inoltre possono estrapolare informazioni da quello che postate e condividete. Le pubblicità non sono più generaliste, diventano mirate, targettizzate così che possiate comprare quel bellissimo ciondolo vintage tanto di moda o la pappa multivitaminica per il vostro gatto.

Ormai la transizione è completa: state passando dall’essere degli utenti del web a dei potenziali clienti da accalappiare in qualche modo.

Manca ancora qualcosa però.

Orientarsi tra tutte le proposte non è semplice ed i social network hanno creato dei super-utenti che sono seguiti da migliaia di follower. Perché non sfruttare la loro notorietà? Ecco che queste figure chiamate influencer entrano in scena. Le aziende capiscono che possono utilizzarli come dei moderni piazzisti. Fioriscono collaborazioni e link di affiliazione.

Come se non bastasse nascono nuovi servizi online che servono per gestire altri servizi che si poggiano su altri servizi. Fiorisce la “subscription economy”.

Ma non era tutto gratis?

Nel frattempo la tecnologia avanza ed arriviamo ai giorni nostri. L’Intelligenza Artificiale inizia a spuntare un po’ ovunque e per pagarne il costo (che strano eh???) ci sono altri abbonamenti da sottoscrivere e già si parla dell’inserimento di pubblicità a pagamento nelle risposte dell’Intelligenza Artificiale stessa.

Come abbiamo smesso di aprire un enciclopedia in formato cartaceo al posto di Wikipedia, presto smetteremo di navigare sul web visto che l’Intelligenza Artificiale ci consegnerà una risposta fatta e finita senza fare la fatica di andarci a spulciare qualche sito online.

Iniziano a tremare le fondamenta del web?

Un sito famoso come Badtaste ha da poco comunicato la cessazione delle proprie pubblicazioni dopo circa 20 anni.

Creare un Fake Influencer è un gioco per ragazzi, molti si stanno già cimentando anche in questo. Produrre contenuti tramite l’Intelligenza Artificiale è infatti semplicissimo ed il rischio ormai è quello di far generare dall’IA materiale sulla base di altro materiale precedentemente generato sempre dall’IA. In pratica stiamo entrando in un loop infinito di contenuti non pensati e generati dall’uomo.

Internet è finito?

Forse, ma credo che possiamo ancora fare in tempo a salvarlo. Coltivate relazioni con altri utenti, pubblicate contenuti vostri, pensate con la vostra testa, non uniformatevi e partecipate in modo personale ed unico alla rete.


Small Language Models

There is a lot of hype around LLM (Large Language Models), the technology behind artificial intelligence, but less interest in SLM (Small Language Models).

I think this is due to the fact that LLM can use cloud services to be used anywhere (you just need an internet connection).

But there are scenarios where there is no connection available or you want to avoid using the cloud for privacy reasons.

That’s why I believe Small Language Models is a very promising technology.

Think about small devices that can use specialized SLM to do things without being connected to the web. Another case study can be smartphones that use local artificial intelligence (on the device) without having to send their data to a cloud server.

Small Language Models can perform very specific tasks, providing people and companies with an off-grid solution.

It’s a very interesting technology and I’m very curious to see how it will be implemented.


Pay now and we'll see later

Recently, there has been a terrible trend in the tech industry: selling devices that WILL have great features. You pay them now, and they promise to bring you new functionalities in the future.
Rabbit R1, Humane AI Pin, Apple AI enabled features, Copilot+ PCs are only few examples of that.
It’s a shame that market is accepting this way of selling unfinished products.


Scegliere il giusto applicativo

Gli strumenti informatici sono sicuramente un potentissimo e valido aiuto per molte delle nostre attività quotidiane, possono aumentare la nostra produttività e semplificarci la vita.
Esiste però anche un “lato oscuro” di cui non si parla spesso.
Applicativi come Notion (non ce l’ho con loro, lo cito solo perché è un tool molto alla moda) consentono di gestire progetti molto complessi in maniera versatile e con grande libertà di configurazione.
Il fatto è che probabilmente al di fuori della vostra attività lavorativa sono strumenti che non sfrutterete mai appieno.
La conseguenza è che vi troverete sommersi da un sacco di opzioni / personalizzazioni / dati da inserire che dovrete gestire nel tempo.
Il rischio è quello di perdere più tempo nell’organizzazione del vostro sistema di quello che guadagnate dal suo utilizzo.
A me è successo più di una volta e da allora quando sento citati questi strumenti vado sempre con i piedi di piombo.


AI Browser's War

One browser to rule them all.

This seems to be a kind of mantra in the tech world. Companies have been fighting for browser supremacy since 1995 (eons ago, if we are talking about software).

The point is that your browser is your door to the Web.

Not surprisingly, browsers are now implementing Artificial Intelligence features into them so they can help you get information, article summaries, and more.

The price for this is likely to be our privacy and a major change in the way we use Internet.


Fostering an open social community

I’ve made a lot of small improvements to my blog recently.
I wanted to make my blog theme more personal and give people the opportunity to share my posts and leave comments. There’s still a lot of work to be done, but for now I’m quite happy with the results.
I believe a blog is a public space where people can come and go freely, but I want them to feel at home anyway. A cosy place they can return to whenever they want.
Building an open social community means giving people the opportunity to share and discuss ideas and thoughts. I think the social web is based on building connections between people and individual blogs can play a huge role in that.


Cos'è il Web intenzionale

Pochi giorni fa ho scritto qualche breve riflessione su un tema che intendo approfondire ulteriormente ovvero ciò che ho definito Web intenzionale.
Il concetto è semplice, ma neanche troppo banale. Tutte le volte che siete voi personalmente a decidere di quali contenuti fruire sul web state applicando il concetto di web intenzionale. Quando invece è un algoritmo / intelligenza artificiale a scegliere cosa proporvi state di fatto subendo una decisione che ha fatto quel determinato algoritmo per voi sulla base delle vostre preferenze passate o di una sua analisi interna dei contenuti al fine di proporvi la risorsa più pertinente.
Nulla di male, ma il risultato è che come utenti subiamo passivamente quanto deciso da un algoritmo governato da stringhe di programmazione inserite da un informatico probabilmente all’altro capo del mondo. Quanti contenuti interessanti e di qualità rischiamo di perderci in questo modo?
Partecipare alle discussioni di un forum online è web intenzionale, scrivere sul vostro sito personale è web intenzionale, leggere dei blog che apprezzate è web intenzionale.
Ovviamente oggi è difficile poter fare a meno degli algoritmi, tuttavia è necessario essere consapevoli del loro ruolo nel modo con cui accediamo alla rete ed occorre tenere sempre a mente che in definitiva contribuiscono a formare le nostre idee e pensieri.


Intentional web

Some weeks ago I read an interesting blog post by Manuel Moreale about “The social web”.

Manuel correctly clarifies that being social on the web does not mean you are part of the social web and that there is also a lot of misconception around IndieWeb definition.

How can we define a human web where there is no algorithmic filtering and where we can deliberately be part of?

That is the web I’m arguing for. A web that is intentional, where what you consume is curated by you and you alone, where connections with others happen because you made the conscious effort to connect. And at this point, I don’t fucking know how to call that web. Maybe “personal web”? I guess I’ll go with that from now on. - Manuel Moreale · The Social Web

I think calling it “personal web” is still confusing because even algorithms are tailored to be personal.

That said I’ve decided to use the term “intentional web” from now on.

Intentional web is the web that YOU choose to interact with:

  • Having your own website and blogging on it is intentional web;
  • Surfing the web personally choosing online content is intentional web;
  • Following sites with RSS is intentional web.

I want to be part of this kind of web.


re: I love getting older

A few days ago I came across an interesting post by Annie Mueller about getting older:

I remember having a conversation with my Dad right after I graduated college. So I was 22 and he was 52. I don’t remember what we were talking about but I remember when he looked at me and said, “You know, I still feel just the same inside as I did when I was 22.” - anniemueller.com

I was discussing the same thing with one of my colleagues last month and we came to the same conclusion, even though we’re getting older we feel the same as we did when we were much younger.

Probably our brain plays a big part in this, there are young people who seem old (not biologically but mentally) and other people who feel young even though they are in their eighties.


Is blogging a form of therapy?

I believe that blogging (writing) is a kind of good therapy.

You write things down and let your thoughts flow. When you are in a flow, words can come one after the other.

As I’ve written many times, I don’t write for an audience (though I’m very happy if you find my ramblings useful), but for the need to let my ideas flow freely.

Does that make sense to you?


How to set up Author Tags on Micro.blog

Thanks to Robb Knight’s explanation of how Author Tags work on Mastodon, I was able to activate them on my Micro.blog site.

Prerequisite: I’m using the Sumo theme, which has full support for Microhooks.

The process is very simple from the Micro.blog web dashboard: go to Design -> Open Theme -> New Template

Give the template this location and name:

layouts/partials/microhook-head.html

insert this code using your fediverse handle name instead of mine:

<meta property="fediverse:creator" content="@prealpinux@mastodon.uno" />

Well done, you’re ready to go!

Disclaimer: I tried to use multiple author tags, but there seems to be no support for them at the moment.


Domain names are not immutable

There are a lot of funny domain extensions you can use for your website today. Some of them are run by companies (like .blog), while others are country top level domains. Examples of country top level domains are .it for Italy, .us for the USA, .de for Germany and so on… Most of us might think that using a “national top level domain” is safer than using a domain completely run by a private company, but this isn’t entirely true.

For example the British goverment has recently approved the transfer of sovereignty of Chagos Islands to Mauritius. This means that .IO domains seriously risk to disappear in few years, as explained in this article.

Climate and political changes can put your domain existence at serious risk. It is always better to keep this in mind, especially if you choose an exotic domain name for your website (as I did several times).


New Blog Setup

As I just wrote on my jrn.sh blog, I’m trying to consolidate all my blog posts here on prealpinux.com.

There is a new slash page /subscribe where you can find all the feeds you can use.

For my 🇬🇧 English readers, I suggest you just add this one to your feed reader: https://prealpinux.com/categories/eng/feed.xml

If you speak 🇮🇹 Italian, please also add this one: https://prealpinux.com/categories/ita/feed.xml

Do you like photos? I’m on 📷 Pixelfed, but if you prefer I have a feed just for you.

You can also add micro-posts to your feed reader, but in this case it’s probably better for you to follow me on social networks, unless you’re a big fan of mine 🤣🤣🤣.


Casette dei libri

Auto-generated description: A phone booth has been repurposed into a small public library with bookshelves inside.

Da alcuni anni nella zona in cui vivo stanno prendendo sempre più piede le “casette dei libri”,

Sono un modo furbo per incoraggiare la lettura, la cultura e una sana economia circolare legata ai libri.

Io le frequento regolarmente per “depositare” libri letti che non mi interessano più e per “prelevare” libri che mi interessano.

Alcune regole di buona educazione per poter frequentare con profitto queste casette sono quelle di depositare pochi libri alla volta e portare a casa solo libri che intendete leggere nell’immediato.

Esistono anche vicino a voi? Le frequentate?


Il digitale non è eterno ma effimero

Ho trovato interessanti le riflessioni di Anna Havron nel suo blog Analog Office che prendono spunto dal recente blocco informatico mondiale dovuto a Crowdstrike.

Cloud, applicazioni, siti web, formati file, supporti di memorizzazione fisici ed apparati digitali sono soggetti a possibili rotture, cessazione di servizi, termine di supporto etc…

Per questo è importante, almeno per i documenti che riteniamo più importanti, avere un piano B che consenta di accedere a questi file anche nel caso qualcosa vada storto.

Non si tratta quindi di pensare solo a dei sistemi di backup, ma anche di utilizzare dei formati file che rimangano accessibili anche a distanza di molti anni.

La strategia di Anna Havron a molti potrà sembrare estrema, ma di certo rimane molto efficace:

For digital documents you want to keep for a long time, I suggest the Three P’s:

Plain text
PDFs

And especially,

Printouts